Storie di cooperative AGCI. Alluvione in Emilia-Romagna, un dramma che ha coinvolto anche una nostra cooperativa: “Lavoratori agricoli di Sant’Antonio di Medicina” che ha perso oltre il 70% della produzione
“Ora più che mai è il momento della cooperazione tra le Istituzioni a tutti i livelli per il bene della nostra regione – dichiara Massimo Mota, presidente di AGCI Emilia- Romagna e co-presidente di Alleanza delle Cooperative Emilia-Romagna – dopo la nomina, da parte del governo, del Commissario straordinario Figliuolo per la ricostruzione post Alluvione. “Partendo dal percorso condiviso all’interno del Patto per il Lavoro e per il Clima – continua Mota - il sistema cooperativo è pronto a collaborare con l’intera struttura commissariale per far ripartire la Romagna, gli altri territori alluvionati e renderli ancora più forti di prima”.
Ripercorrendo la storia della “Cooperativa Lavoratori Agricoli S.Antonio di Medicina”, intervistiamo Carlo Martelli, presidente del Consiglio d’Amministrazione che ci racconta, in particolare, le difficoltà e i danni subiti dall’alluvione che ha coinvolto ben 44 comuni romagnoli ed emiliani e che ha fatto straripare 23 corsi d’acqua, provocando 250 eventi avversi fra allagamenti, dissesti, frane e danni a case, strade, infrastrutture, all’ambiente e agli animali.
Disastri per 8,9 miliardi di euro. Questa è la stima che il presidente della Regione, Stefano Bonaccini, ha presentato il 15 giugno a Palazzo Chigi nel corso del tavolo con gli enti.
Presidente Martelli, la vostra è una cooperativa storica, nata nel 1952 a Medicina, in provincia di Bologna. Ripercorriamone la storia.
Quando nacque la cooperativa correva l’anno 1952, a Medicina, in provincia di Bologna. Erano gli anni del dopoguerra, anni difficili per il lavoro, con il latifondismo dominante e la guerra da poco terminata che aveva aggravato una situazione economica e sociale già precaria. Erano gli anni delle grandi ideologie politiche, anni in cui dominavano la Democrazia Cristiana e il Partito comunista e nel nostro territorio esistevano già diverse cooperative di lavoratori ad essi affiliate. Fu in quegli anni che alcune famiglie, con un pensiero politico diverso da quello dominante, concepirono un’idea socialista di società e, con l’aiuto di qualche politico e professionista locale, crearono nel 1948 un collettivo di lavoro che poi sfociò nel 1952 nella costituzione della nostra cooperativa “Lavoratori agricoli di S. Antonio di Medicina”. Ricavarsi uno spazio di lavoro in quei tempi non fu facile: vi furono diverse manifestazioni ostili che crearono stati d’ansia, apprensione nelle lavoratrici e nei lavoratori, tanto che le forze dell’ordine intervennero per un lungo periodo in loro soccorso. In principio venivano lavorati terreni presi in affitto dalle grandi società latifondiste ma a metà degli anni Cinquanta iniziarono gli acquisti di terreni e tenute ancora oggi di proprietà. Col passare degli anni la cooperativa consolidava il proprio patrimonio e cresceva il numero dei soci lavoratori. L’ideale di “socialismo democratico” trovò qui terreno fertile grazie anche alla vicinanza con Molinella, comune in provincia di Bologna, dove il pensiero e l’influenza di Massarenti e Martoni furono di enorme supporto. Negli anni ‘70 la cooperativa visse il suo periodo di massima espansione. La riforma agraria di quel tempo e i bassi tassi di interesse permisero al consiglio di amministrazione e ai soci di completare le ultime acquisizioni e di fare grandi investimenti in termini di infrastrutture e macchinari.
Negli anni Ottanta, i prezzi dei prodotti agricoli stagnanti, l’aumento dei salari e dei contributi, condussero la cooperativa a uno stato di crisi e si rese allora inevitabile, per risanare bilanci passivi, procedere alla cessione di un ramo dell’azienda con conseguente riduzione del personale. Con la nuova politica comunitaria degli anni Novanta, in cui si poneva grande attenzione all’ambiente con la creazione di zone verdi e l’uso consapevole di prodotti antiparassitari e la conseguente erogazione di contributi, la cooperativa ha lentamente ripreso vigore fino ad arrivare nel 2011 all’investimento di alcuni milioni di euro per la produzione di energia elettrica tramite pannelli fotovoltaici. Una scelta che nel tempo si è rivelata economicamente positiva.
E se la storia è testimonianza del passato e della memoria, non possiamo non ringraziare quelle persone che hanno creduto fermamente in un progetto di vita sociale, coordinate da un uomo, il primo presidente: Guerrino Pasquali, che si è speso fino all’ultimo respiro a tale scopo. Solo attraverso la conoscenza della storia si può migliorare e crescere per un futuro migliore.
La cooperativa ha aderito subito ad Agci?
Considerando che Agci nel 2022 ha compito 70 anni, come noi, direi di sì. Il numero d’iscrizione della cooperativa è 1319. Con il presidente di Agci Emilia-Romagna, Massimo Mota, ci conosciamo da decenni e il nostro rapporto si è sempre basato sul dialogo, il confronto e la stima reciproca.
Quanto soci e quanti dipendenti?
Siamo 9 soci attivi. Poi ne abbiamo altri che sono i pensionati, 20 precisamente, che hanno lavorato qui una vita e che continuano a farlo perché hanno un legame d’affetto con l’azienda. Abbiamo 440 ettari di superficie totale.
Quali sono le principali attività della cooperativa?
Ci occupiamo essenzialmente di produzioni di seminativi, frutteti. Il nostro settore è prettamente agricolo. Fino al 1994 abbiamo gestito un allevamento di bestiame, producendo anche latte di alta qualità. Gestiamo direttamente, inoltre, da gennaio 2011, un campo fotovoltaico di proprietà da un megawatt, grazie al quale è possibile coniugare sostenibilità e stabilità economica.
Conferiamo grano, cereali. I nostri prodotti vanno principalmente nel Nord Italia. Produciamo anche erba medica di alta qualità. La zona di Medicina, un comune in provincia di Bologna, ha dei terreni adatti per questo tipo di coltivazione: quindi un prodotto come il parmigiano reggiano ne trae beneficio in termini di qualità e bontà.
Ci sono solo uomini a lavorare?
No, ci sono due donne che lavorano in campagna, svolgendo gli stessi compiti degli uomini.
Cosa vuol dire cooperare per lei?
Lavorare insieme per raggiungere un unico obiettivo: il bene comune. Cooperare significa credere, condividere gli stessi valori e principi quali solidarietà, sviluppo sostenibile, valorizzazione del territorio. Vuol dire essere solidali con gli altri. Condividere un cammino fatto di passato, presente e futuro.
Ci può raccontare che danni ha subito la vostra cooperativa dall’alluvione che ha, purtroppo, colpito la vostra Regione?
Siamo circondati da canali e da diversi torrenti che confinano con l’azienda e che negli ultimi anni hanno esondato diverse volte, senza però causare grossi danni come quest’anno.
A maggio il torrente Quaderna ha esondato provocando l’allagamento di 12 ettari del nostro terreno, destinato alla coltivazione di erba medica. In un primo momento sembrava che la situazione fosse rientrata, visto che i giorni successivi sono stati favorevoli dal punto di vista metereologico, l’acqua è defluita e, in ogni caso, avevamo programmato che prima della stagione avremmo sistemato tutto, riseminando.
Poi, invece, precisamente il 17 maggio, abbiamo avuto precipitazioni per 257 millimetri, che hanno provocato le catastrofi già note alla cronaca. Ciò che ha creato più danni è stato il fango che è sceso dalle colline. Abbiamo visto argini, torrenti, fiumi intasati da alberi, senza che nessuno li controllasse, senza che nessuno li pulisse.
Ha rotto gli argini anche il torrente Idice, che è un affluente di una certa portata del fiume Reno, creando enormi danni: ha inondato Selva Malvezzi, in comune di Molinella e tutto il territorio circostante. Su 440 ettari di terreno che abbiamo, se ne sono allagati oltre 260, abbiamo quindi perso circa il 70% della produzione.
Siamo riusciti a salvare fortunatamente sia il campo fotovoltaico che soprattutto i fabbricati che sono stati costruiti 100 anni fa su degli appezzamenti di terreno più alti, dove l’acqua, quindi, non è riuscita ad arrivare.
Si poteva evitare questa catastrofe? Cosa occorre fare per non rivivere lo stesso dramma?
Assicuriamo annualmente i prodotti che hanno più valore, come il grano duro e le bietole portaseme, lo facciamo però contro grandine, vento e forte pioggia. L’opzione “alluvione” esiste ma, da 70 anni, la scartiamo a priori per via dei costi inaffrontabili.
La verità è che noi che viviamo sul territorio sappiamo che sono quasi 25 anni che non si puliscono i torrenti e i fiumi. I cambiamenti climatici ci sono, non voglio negare l’evidenza e il fenomeno di queste bombe d’acqua che arrivano all’improvviso è ormai ben noto, ma occorre ribadire che se non puliamo i fiumi non ne usciremo da questa criticità.
Adesso cosa intendete fare? Avete avuto contributi economici da parte dello Stato?
Stiamo provando a ripartire, da buoni emiliano-romagnoli! Per quanto riguarda gli aiuti, la risposta più concreta la stanno dando le banche locali, di cui noi siamo anche soci, come le BCC, che si stanno prodigando per la ricostruzione e la ripartenza del territorio.
Nel frattempo abbiamo bloccato tutti gli investimenti. Sono molto perplesso per gli eventuali aiuti dagli enti locali e statali in quanto l’area interessata è vasta. Solo nella nostra zona parliamo di oltre sei mila ettari di terreni alluvionati. Se poi pensiamo che sulle case e sui capannoni il danno si può quantificare, in agricoltura questo è più difficile, visto che occorre considerare anche gli anni a venire.
Ma, come dicevo prima, siamo emiliano-romagnoli e, dunque, pronti a rialzarci con dignità, impegno e ottimismo, il profumo della vita!